18.11.09

SALVATORE VAIANA, Giovanni Guarino Amella (1972-1949)

(Pubblicato su "Canicattì nuova": n° 14-15, settembre 2000; n° 16-17, ottobre 2000; n° 18-19, novembre 2000).


1 - L'adolescenza fra bisogni personali e miseria sociale

Giovanni Guarino Amella nacque a Sant’Angelo Muxaro (Ag) l'8 ottobre 1872.
Dopo la morte del padre, la madre fu costretta per ristrettezze economiche a vendere la piccola proprietà terriera al barone Francesco Lombardo di Canicattì.
  Questi, avendo intuito la notevole intelligenza di Giovanni, mosso da filantropismo decise di assisterlo finanziariamente negli studi e perciò lo condusse con sé a Canicattì. È presumibile che il suo stato di bisogno materiale e la sua sensibilità d'animo di fronte al profondo stato di miseria in cui versavano le classi subalterne lo abbiano portato ad avviare le prime riflessioni sulle possibilità di riscatto sociale che nella Canicattì dei decenni settanta ed ottanta dell'Ottocento non andavano al di là di una precaria organizzazione nelle società di mutuo soccorso. Sono di quei decenni, infatti, i primi tentativi di costituzione di società operaie, fra cui la "Società Mameli e Ciceruacchio" promossa dall'avvocato Vincenzo Macaluso, patriota, massone, uomo politico della democrazia post-risorgimentale e punto di riferimento di alcuni giovani democratici di estrazione borghese.
Fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni novanta, il giovane Guarino Amella iniziò a studiare legge nell'Ateneo palermitano che allora - come riferisce Massimo Ganci - "raccoglieva su di una piattaforma di cultura progressista, alcune spiccate individualità di discenti e di docenti". "L'adesione della classe studentesca palermitana alle idee democratiche era dovuta da una parte al fascino che esercitava su di essa l'insegnamento di alcuni professori che alle concezioni radicali e socialisteggianti ispirano il loro insegnamento, e dall'altra risaliva anche al fenomeno [...] della disoccupazione intellettuale della borghesia meridionale".
Dopo aver conseguito la laurea in legge, ritornò a Canicattì dove trovò i lavoratori in stato di agitazione.


2 - Il ribellismo e le persecuzioni giovanili

Seguendo l'esempio di altre realtà siciliane più avanzate, i contadini e gli zolfatari canicattinesi avevano abbandonato l'associazionismo puramente mutualistico dei precedenti decenni per dare vita al primo movimento sindacale della loro storia e a una struttura organizzativa, il fascio, fra i "più importanti" della provincia, formato da circa 1500 soci e diretto dall'avvocato Gaetano Rao, un uomo - scrisse Adolfo Rossi, attento cronista del movimento - che descriveva "le miserie e le sofferenze dei contadini e degli operai delle zolfare" e "sacrificava i propri beni per la causa socialista". Guarino Amella, sicuramente entusiasta, aderì al movimento: fu l'occasione per tentare di affermare quei principi della democrazia e del socialismo appresi nelle lezioni universitarie.
Nel corso della sua attività, egli conobbe e diventò amico di Nicola Alongi del fascio di Prizzi, un leghista di forte tempra e intelligenza che nel biennio rosso 1919-1920 sarà impegnato a costruire con Giovanni Orcel, segretario della Camera del lavoro di Palermo, l'unità di classe fra contadini e operai, teorizzata da Antonio Gramsci. "Io borghese e lui contadino, - scriverà trent'anni dopo - ambedue ribelli e anelanti a un nuovo assetto della ricchezza terriera della nostra Sicilia": questo era il Guarino Amella del '93-94. Dopo la repressione crispina, per sfuggire all'arresto fu costretto a darsi alla latitanza, aiutato dal suo protettore Francesco Lombardo.
Dopo questa prima formativa esperienza giovanile, si allontanò definitivamente dalle "idee nuove" del socialismo e dal ribellismo che l'accomunavano ad Alongi per maturare un pensiero democratico-borghese che lo portò ad aderire per circa un ventennio al partito radicale di Felice Cavallotti. Guidato da questi ideali politici portò avanti con il barone Lombardo e servendosi del giornale "Il Risveglio" (con cui iniziò la sua lunga attività giornalistica) una importante battaglia per l'ampliamento dell'angusto territorio di Canicattì. Per le sue battaglie sociali e civili fu premiato dall'elettorato canicattinese con l'elezione a consigliere comunale (1902).


3 - L'esperienza radicale nelle atmosfere massoniche provinciali

Gli anni seguenti al 1906 furono caratterizzati dal suo impegno politico a livello provinciale: nel 1906 venne eletto consigliere provinciale e fondò Il Moscone "giornale settimanale della provincia"; nel 1911 fu presidente dell'amministrazione della provincia di Agrigento.
Nel clima di scontro di quegli anni fra clericalismo e laicismo, in cui velatamente si inseriva la massoneria, sostenne con coerenza il secondo e forse aderì alla massoneria feriana, più liberale e tollerante nei confronti della religione rispetto al viscerale anticlericalismo del Grande Oriente d'Italia, che nel 1911 era presente a Canicattì con la loggia "Rinnovamento". Le forze laiche però si presentavano al loro interno piene di contraddizioni e talvolta al limite dello scontro. Attorno al 1910, infatti, l'area laica era divisa in due schieramenti guidati l'uno da Guarino Amella e dall'avvocato Antonino Pancamo e l'altro dall'avvocato La Loggia; quest'ultimo sostenuto quasi apertamente dalle logge girgentine del Grande Oriente.
Pur impegnato a livello provinciale, Guarino Amella continuerà sempre ad operare a Canicattì e ad influenzarne la vita amministrativa. Dal 1914 e per tutto il periodo della guerra fu pro-sindaco.


Da radicale a demosociale, da antisocialista e filofascista ad antifascista

Nel torbido clima elettorale provinciale ancora caratterizzato dalla presenza della massoneria, che influenzava il dibattito politico attraverso il giornale La Settimana, e dall'opportunismo politico, in cui succedeva che il socialriformista La Loggia contrastasse le liste radicali prendendo accordi con i popolari e utilizzando i canali massonici (v. Il Chiodo del 4/10/1919, giornale diretto dal Nostro), Guarino Amella venne eletto per la prima volta deputato nazionale.
In Parlamento egli denunciò, come in occasione della commemorazione di Nicola Alongi, il capolega prizzese ucciso dalla mafia agraria, il latifondismo e i latifondisti assenteisti che armavano la mano dei gabelloti e dei campieri per impedire con la violenza lo sviluppo della Sicilia. Da borghese democratico egli non accettava l'espressione borghesia mafiosa e non usò la parola mafia per indicare gli assassini di Alongi, però individuò con chiarezza nella divisione del latifondo e nello sviluppo di attività produttive la soluzione ai mali della Sicilia.
Le calde parole proferite da Guarino Amella durante la commemorazione esprimono indubbiamente il dolore per la morte dell'amico, di cui dice: "Giovane contadino l'amai, accomunati, com'eravamo, negli ideali e nelle persecuzioni…", anche se dalla lontana comune esperienza dei fasci i loro ideali e la loro azione politica erano radicalmente cambiati: il contadino Alongi era approdato al socialismo rivoluzionario e alle occupazioni delle terre, il borghese Guarino Amella aveva percorso la strada della democrazia radicale approdando alla collaborazione con il fascismo in funzione antisocialista.
Il nuovo contesto storico caratterizzato a livello internazionale dalla rivoluzione d'Ottobre e nazionale dal "biennio rosso" spiega non solo l'adesione di Guarino Amella al primo governo Mussolini, ma anche la sua azione politica a livello comunale e provinciale. Un'azione antisocialista e antipopolare denunciata con forza da Falce e Martello, il giornale dei socialisti canicattinesi diretto dall'avvocato Domenico Cigna. Guarino Amella, infatti, operò per la caduta dell'amministrazione socialista guidata dall'avvocato Rosario Livatino con metodi considerati non democratici: "La Giunta provinciale amministrativa - lamentarono i socialisti - ai servizi di Guarino Amella, Abisso, Pancamo e cattivi compagni […] ha iniziato un sistema ostruzionista ai danni del comune di Canicattì, ricorrendo a tutte le violenze possibili e calpestando le leggi e le disposizioni vigenti".
Nonostante le forze popolari canicattinesi in quel momento non si riconoscessero nelle sue posizioni, Guarino Amella venne rieletto per la seconda volta deputato nazionale nelle liste del partito radicale, ma il trasformismo di questo partito lo spinse ad aderire l'anno successivo al partito della Democrazia Sociale (costituito a Roma nell'aprile 1922 e guidato in Sicilia da Giovanni Colonna di Cesarò); un partito che al momento dell'ascesa del fascismo costituiva con socialriformisti e orlandiani, nonostante delle divergenze, il blocco di forze politiche siciliane egemoni; forze politiche i cui leader da Guarino Amella a La Loggia, ad Alessandro Tasca, a Giovanni Colonna di Cesarò, ad Andrea Finocchiaro Aprile ecc., da quanto risulta dalle ricerche documentali di Marcello Saija, erano esponenti di primo piano della massoneria siciliana.
Sebbene la democrazia sociale avesse fatto parte del 1° governo Mussolini - "in considerazione di quei punti programmatici che ha in comune col fascismo", dichiararono ufficialmente i demosociali - e alcuni suoi membri avessero addirittura aderito al partito fascista, Guarino Amella, dagli inizi del 1923, andò in controtendenza. "Ad Agrigento e in provincia la democrazia sociale - ricordò lucidamente vent'anni dopo - pubblicava un giornale che fustigava apramente i fascisti locali ed il loro capo. Un bel giorno, nei primi di marzo del 1923, assaltarono la tipografia e aggredirono Giulio Bonfiglio e alcuni altri amici. Io ero a Roma, e appresa al notizia, insieme con l'onorevole Di Cesarò, mi recai da Mussolini a protestare. Fu allora che Mussolini telegrafò al Prefetto che tra il fascismo e la democraqzia sociale c'erano rapporti di buon vicinato e quindi non potevano essere ammesse violenze contro i deputati demosociali e i loro aderenti. Ma le violenze continuarono. Io e Pancamo le sopportammo, reagendo per quanto si poteva; [Angelo] Abisso invece preferì distaccarsi dalla democrazia sociale: prese la tessera fascista, e seppe manovrare con Starace in guisa da fare mandare via i dirigenti fascisti di Agrigento laloggiani [sic!] sostituendoli con i dirigenti abissiani". Nei giorni seguenti, venne sospettato di essere l'organizzatore in provincia di Agrigento delle manifestazioni del "soldino" e il Prefetto ne denunciò l'attività antifascista (secondo M. Saija "le manifestazioni furono preordinate dalla massoneria feriana […] con il sostanziale appoggio della massoneria giustinianea"). In autunno, durante la campagna elettorale a Pontecorvo, affrontò "con la pistola in pugno" e le barricate i fascisti locali. Nel 1924, dopo l'assassinio di G. Matteotti aderì all'Aventino, di cui divenne segretario, e resistette "a mano armata contro farinacci". Il 5 aprile 1925 partecipò all'incontro-dibattito tra i rappresentanti dei partiti costituzionali per respingere il fascismo e affermare le libertà statutarie. Il 9 dicembre 1926, venne dichiarato decaduto dal mandato parlamentare.


Gli anni del silenzio

Guarino Amella "rifiutò più volte gli incarichi offertigli da Mussolini" e preferì ritirarsi a Canicattì. In quegli anni neri si limitò ad esercitare la professione di avvocato civilista, a partecipare a qualche rarissima manifestazione pubblica locale - come la commemorazione di padre Gioacchino La Lomia nel 25° anniversario della morte in cui offrì, nonostante la sua appartenenza all'Arte Reale, una testimonianza personale di un'opera santa del padre che in vita era stato ostacolato spesse volte dalla massoneria brasiliana e dalla Canicattì anticlericale di Vincenzo Macaluso, Maestro Venerabile e 33° grado del RSAA - e ad esprimere amor patrio come nella consegna dell'oro il 18 novembre 1935.


Dal separatismo al contributo generoso all'autonomia della Sicilia

Il 10 luglio 1943, gli americani sbarcarono presso Gela e oltre ad aver messo in moto una potente macchina militare, attivarono tutti i canali possibili, dai servizi segreti alla mafia alla massoneria, per raggiungere i loro obiettivi militari e politici: a Canicattì nominarono sindaco Giovanni Guarino Amella, per i trascorsi antifascisti e massonici, a Prizzi il massone dott. Giorgio Sparacio, a Palermo il massone Lucio Tasca, a Villalba il mafioso don Calò Vizzini.
"Tra gli inglesi e gli americani, ebbe a dire Federico Ardizzone, direttore del Giornale di Sicilia, esisteva una massoneria molto forte" che risvegliò dal lungo "sonno" i fratelli siciliani e condizionò perfino le due storiche testate siciliane, L'Ora e Il Giornale di Sicilia; e per questo in Sicilia - conferma Aldo Mola, il più serio storico della massoneria italiana - "la rifioritura liberomuratoria fu impetuosa" e "riprendeva a parlare la lingua della democrazia sociale di Colonna di Cesarò".
Era il tenente colonnello Charles Poletti, capo degli affari civili della Sicilia, il più influente di quei fratelli americani, che, in un primo momento, sposò le tesi sicilianiste, molto diffuse nella massoneria prefascista, estremizzate da Fratello Andrea Finocchiaro Aprile nel suo progetto separatista. In linea con le tendenze inizialmente filoseparatiste dell'AMGOT (l'amministrazione militare anglo-americana), Guarino Amella aderì al MIS (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia): il 9 dicembre 1943, partecipò con il concittadino Domenico Cigna e Antonio Parlapiano Vella (quest'ultimo "notoriamente iscritto alla massoneria", secondo Il Chiodo) rappresentanti della provincia di Agrigento, alla riunione del separatismo indetta da Andrea Finocchiaro Aprile e firmò la risoluzione del neo Comitato centrale per l'indipendenza della Sicilia in cui si chiedeva all'AMGOT che alla Sicilia fosse "risparmiata la sciagura di essere consegnata al cosiddetto Governo Badoglio"; il 10 maggio e il 4 giugno 1944 intervenne alle prime adunanze degli amministratori comunali e provinciali di tendenze separatiste organizzata dal sindaco di Palermo Lucio Tasca; il 15 settembre assisté all'incontro fra il ministro Meuccio Ruini e Andrea Finoccchiaro Aprile sulla questione autonomia-separatismo.
Intanto Guarina Amella e Colonna di Cesarò avevano ripreso in Sicilia il programma e l'azione politica della Democrazia sociale che il fascismo interruppe bruscamente, indicendo il 21-22 maggio 1944 il primo congresso del Partito, che decise di confluire nel neonato Partito Democratico del Lavoro di cui il giornale La Fiaccola divenne il portavoce in Sicilia. Fu in quella circostanza che riemersero remote ostilità fra Guarino Amella e La Loggia che fondò, in contrasto con la democrazia sociale, un effimero Partito Laburista. Guarino Amella denunciò con espressioni forti l'insediamento arbitrario di La Loggia nel Comitato Regionale Siciliano di Liberazione in qualità di rappresentante della Democrazia del Lavoro siciliana, "suggestionando - scrisse su La Fiaccola di luglio - con la sua superiorità intellettuale quelli che alla loro volta, sempre con metodo e spirito squisitamente fascisti, si erano autoproclamati rappresentanti, in quel Comitato, dei Partiti socialista, comunista, democristiano e d'azione".
Abbandonata in fretta la strada ormai impraticabile del separatismo, fece parte della Consulta regionale siciliana (28 dicembre 1944), e della Commissione per l'elaborazione dello Statuto, istituita il 1° settembre 1945 in seno alla Consulta. Per le sue tesi che sostenevano poteri autonomistici i più estesi possibili (competenza quasi esclusiva della legislazione siciliana; diritto della Regione di imporre tasse e contributi), rimase comunque una sponda per i cosiddetti separatisti "legalitari". Dopo la laboriosa analisi dei progetti presentati da Guarino Amella (Democrazia del Lavoro), Giovanni Salemi (DC), duca Avarna di Gualtieri (filoseparatista) e Mario Mineo (socialista), e la ricezione delle tesi "riparazionistiche di Enrico La Loggia, il 23 dicembre 1945 la Consulta regionale approvò lo Statuto che, immodificato dalla Consulta nazionale, fu promulgato il 16 maggio 1946. Con il prestigioso incarico di presidente della Commissione paritetica per la definizione delle attribuzioni che dallo Stato dovevano passare alla Regione siciliana, istituita il 9 ottobre 1946, Guarino Amella chiudeva la sua lunga carriera politica non essendo stato eletto il 20 aprile 1947 alla prima Assemblea Regionale Siciliana.


Epilogo ingeneroso

Mentre i partiti del CLN scriveranno nel bene e nel male la storia della Prima Repubblica e Enrico La Loggia sarà riconosciuto il padre dell'Autonomia siciliana, il Partito democratico del Lavoro si estinguerà e Guarino Amella, come già nel "ventennio", ritornò silenzioso nella sua Canicattì dove si limitò a partecipare a qualche manifestazione locale come l'inaugurazione, il 23 aprile 1949, dell'Orfanotrofio Maschile Maria Bonsangue. Il 19 ottobre 1949, morì "quasi povero" a Palermo e venne sepolto a Sant’Angelo Muxaro.
La storiografia moderna non ne tace il nome, ma neanche ne ha messo nel giusto rilievo l'opera. La speranza è che la neonata "Fondazione Guarino Amella", sorta per la lodevole iniziativa degli eredi del grande giurista, possa segnare l'inizio di una fioritura di studi critici sulla vita, l'opera e l'azione di Giovanni Guarino Amella.

Salvatore Vaiana

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