18.11.09

SALVATORE VAIANA, 1893-2003 Centodieci anni fa nasceva il movimento contadino canicattinese

Renato Guttuso
Pubblicato su
Canicattì nuova
nn. 18-19, 9-23
Novembre 2003







Sono trascorsi centodieci anni dalla nascita del primo movimento rivendicativo di braccianti, minatori, artigiani e piccoli proprietari terrieri di Canicattì, organizzatosi nel Fascio dei lavoratori.
Il movimento iniziava un percorso lungo oltre un cinquantennio in una città tutt'altro che sonnolente: secondo i dati ufficiali dell'Annuario del Regno, contava, in quell'anno, una popolazione di 20.785 abitanti composta, oltre che da una esigua nobiltà e da una stragrande maggioranza di contadini poveri, da una piccola e media borghesia in ascesa, legata a diverse attività commerciali, a due industrie e a due banche. Una città che nelle penultime elezioni politiche aveva votato in maggioranza il candidato socialista Napoleone Colajanni, cui era contrapposta la candidatura di Francesco Crispi.
Un movimento in gran parte pervaso dai nuovi ideali del socialismo, introdotti due decenni prima con scarso successo dall’internazionalista Nicola Narbone fra i lavoratori già alle prese con le prime timide esperienze mutualistiche nella società “Mameli e Ciceruacchio” e che ora si materializzavano nella prima amministrazione a guida socialista.
Ne era sindaco Vincenzo Falcone (1892-93), un avvocato e possidente che il giornalista Adolfo Rossi, inviato dal giornale "La Tribuna" nella Sicilia dei Fasci, definì un «socialista amateur».
«Nella provincia di Girgenti - scrisse Rossi - i Fasci più importanti erano quelli di Canicattì, Grotte, Casteltermini, Campobello…». Quello di Canicattì fu fondato con esattezza il 13 maggio di quell’anno. E «come contrasto», si legge nel Giornale di Sicilia del 20 febbraio 1893, si costituì una Società cattolica di mutuo soccorso, l’Immacolata, «composta di proprietari, civili, maestri, contadini, preti, “omnia genus musiacorum”».
A dirigerlo c'era una straordinaria figura di filantropo, l'avvocato Gaetano Rao, un gabelloto e possidente «che poteva vivere tranquillamente di rendita, ma che, dotato di gran cuore, si era dato tutto al socialismo». Un giudizio questo confermato alcuni anni dopo dal giornale socialista palermitano “La Battaglia” che lo definì addirittura uno dei «pochi coraggiosi precursori» del socialismo siciliano.
Fra gli organizzatori si distingueva anche un giovane avvocato, Giovanni Guarino Amella, che dopo l'iniziale adesione alle «idee nuove» del socialismo, nella prima metà del Novecento svolse con nuove idee politiche, quelle radicali, della Democrazia sociale, del Partito democratico del Lavoro e infine con la maturazione dell’unità a sinistra nelle elezioni del ’48 (un tardivo ritorno alle origini nel suo lungo e talvolta controverso, come in quest’ultimo caso, percorso politico), un ruolo importante nella battaglia per la divisione del latifondo.
Quando la mattina del 9 ottobre 1893 il Rossi arrivò a Canicattì con Rosario Garibaldi Bosco e l'On. De Felice Giuffrida, leader eminenti dei Fasci siciliani, la stazione ferroviaria fu inondata da una fiumana di contadini: erano infatti oltre mille i fascianti scesi da Borgalino, guidati da Rao e dal Sindaco, convenuti armati di entusiasmo e bandiere ad accogliere i loro capi. Fu la prima volta che le bandiere rosse socialiste sventolarono lungo le strade di Canicattì e alla stazione, dove si gridava «Viva il socialismo! Viva il deputato del popolo! Viva Garibaldi! Viva il padre nostro De Felice». Il giornalista intervistò nella circostanza l'affascinante fasciante Salvatore Giordano, detto il "filosofo", «un bel tipo di contadino in sulla sessantina, vestito di velluto, dal viso abbronzato, completamente sbarbato, come usano in Sicilia quasi tutti i contadini», il quale rispose con una chiarezza di idee inaspettata per un contadino analfabeta, o quasi, sulla funzione e gli obiettivi del Fascio.
Attraverso Rao e Guarino Amella il Fascio di Canicattì entrò in contatto con i fasci del circondario e fu rappresentato al Congresso socialista tenutosi a Palermo il 21 maggio 1893.
Il movimento, come è risaputo, fu prima ostacolato e poi fermato dal Presidente del Consiglio Francesco Crispi. A Canicattì furono arrestati circa quaranta fascianti, ma «l'autorità giudiziaria giudicò gli arrestati vittime di un arbitrio e li mandò in libertà». Durante quella repressione, Guarino Amella, per sfuggire all'arresto, fu costretto temporaneamente alla latitanza.
Il movimento contadino riprenderà la sua lotta nell’età giolittiana con l’esperienza inedita delle affittanze collettive e contribuirà a dar vita alle due amministrazioni «democratico popolari» di Rao e Guarino Amella. Fermato dallo scoppio del primo conflitto mondiale, proseguirà il suo cammino nel primo dopoguerra raggiungendo il suo apice nelle occupazione di Grottarossa per l’assegnazione delle terre incolte o malcoltivate previste dai decreti governativi Visocchi e Falcioni e determinando la formazione dell’amministrazione socialista guidata dall’avv. Rosario Livatino. Fermato dal fascismo, concluderà epicamente il suo percorso storico nel decennio 1944-1954, durante il quale, guidato da uno straordinario dirigente, il contadino Domenico Messina, da un lato rappresenterà la forte base elettorale di quel Blocco del popolo che per sei anni gestirà il Comune di Canicattì e dall’altro affronterà con il coraggio del bisogno la reazione agraria che raggiungerà il suo culmine nella strage del 21 dicembre 1947 in cui morirono tre contadini e un carabiniere, per concludersi con un lustro di lotte per l’applicazione di una legge agraria ostacolata col sangue contadino e con la «carta bollata» dai latifondisti.
Nonostante i suoi limiti e le difficoltà incontrate, quel movimento da un lato contribuì alla formazione di tante amministrazioni di sinistra e dall’altro con la legge di Riforma pose le premesse della rivoluzione vitivinicola degli anni settanta.

Salvatore Vaiana

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